pianosapianosa

UN PICCOLO MISTERO SVELATO

pianosa - cartina delle saline Nel 1996, sfogliando il libro di Averil Mackenzie-Grieve, Aspects of Elba and other island, trovai pubblicata una carta del Principato di Piombino del 1770, dove il disegno di Pianosa, seppure male rappresentato, è accompagnato da molte indicazioni sulle località, come per esempio, "due porti capaci ognuno di dieci feluche", oppure "siti da saline".

Nel 1998, uscì il libro di Ilaria Monti, Storia Moderna dell'isola di Pianosa alla luce della quale, in vari punti riferiti al sec. XVIII, si accenna alla presenza di saline, alcune da costruirsi e altre già produttive. In questo testo è riportata anche una carta, sempre dello stesso secolo, molto simile a quella precedente, nella quale, alla lettera G, sono indicati i "siti da saline" (Fig.1).

Ma cosa sono questi siti da saline?

Chi ha vissuto a Pianosa e ha avuto la possibilità di passeggiare lungo la costa, da sempre ha visto anche grandi quantità di sale formarsi nelle "buchette" delle spianate rocciose. La prima cosa, dunque, alla quale ho pensato, è che i siti da saline altro non fossero che i luoghi, dove la costa rocciosa è dolcemente degradante, e dove l'acqua più facilmente può evaporare, perché trattenuta nelle vasche naturali. E con questo, abbandonai l'argomento.

pianosa - foto delle saline Eppure sono parecchie le strane forme nelle rocce, evidentemente lavorate dall'uomo, o comunque non troppo naturali. Forse è questo il problema: ce ne sono troppe! E alla fine non suscitano neppure curiosità. Un'altra spiegazione della presenza di queste vasche più o meno grandi, sono state date dagli archeologi, che negli ultimi anni si sono recati in Pianosa, formulando l'ipotesi che potessero essere delle strutture, probabilmente di epoca romana, utili alla lavorazione del pesce.

Quest'estate, nel mese di luglio, ero a Pianosa; un pomeriggio sul tardi, insieme a mia moglie e i miei due figli, dopo aver chiuso la mostra fotografica della Associazione per la difesa dell'isola di Pianosa, sono andato a fare una passeggiata lungo i sentieri a sud dell'isola. Volevo fotografare delle rocce a forma di fungo formatesi per antica erosione marina e ciò ha costretto me e i miei familiari a osservare rocce e scogli con occhi diversi, non da semplici turisti.

A un certo punto, mio figlio Giacomo mi ha indicato una vasca scavata per metà regolarmente nella roccia e con una apertura, evidentemente artificiale, rivolta verso il mare (Fig. 2).

pianosa - foto delle saline "Chissà che cosa sarà?" ho risposto. A Pianosa ce ne sono tante! Abbiamo scattato qualche foto e poi l'abbiamo mostrata a Luca, mio fratello, geologo all'università di Siena che, avendone viste alcune simili a Malta, subito ha ipotizzato potesse essere una salina.

In meno di un secondo mi sono tornati alla mente i libri e le cartine sfogliati e consultati negli anni addietro, e subito ho ripreso quelle famose due carte, citate all'inizio del mio articolo. Su di esse sono indicate, infatti, 4 saline e una delle quattro corrisponde a quella fotografata. La mia curiosità ora va di pari passo con la soddisfazione, e subito vorrei sapere dove e quali sono le altre. Per questo vale la pena perdere un po' di tempo a studiare le due carte.

L'isola, come già detto, è disegnata in modo errato, ma la nomenclatura riportata rende abbastanza facile identificarne i luoghi. La Salina già fotografata (d'ora in poi la chiameremo n. 1) è senza dubbio tra Punta Brigantino e Cala la Ruta; una dovrebbe essere a sud di Punta secca (n. 2); una terza alla Spianata dell'Omo Morto (n. 3) e la quarta (n. 4) mi è sempre stata sotto gli occhi, situata alla fine della spiaggia di San Giovanni, circa 50 m. prima di arrivare all'obelisco (Fig. 3).

Due su quattro sono identificate; sono sì diverse tra loro, ma sicuramente sono frutto di intervento umano. Non resta che ritrovare le altre due.

Non potendo tornare a Pianosa, ho chiamato il presidente della Associazione, Giuseppe Mazzei Braschi, che era sull'isola. Per stimolare la sua curiosità, gli ho indicato le due saline visibili, ma non ho certo dovuto insistere, per convincerlo a cercare le due rimanenti. Giuseppe, nel poco tempo a sua disposizione ha potuto controllare la costa dietro Punta Secca. Purtroppo, non ci sono strutture così evidenti come negli altri due casi: sicuramente ci sono delle "buche" naturali, che possono bene assolvere a questo scopo, e una che sembrerebbe artificiale.

Manca ancora quella della Spianata dell'Omo Morto. Partito Giuseppe Mazzei Braschi da Pianosa, sua sorella Anna Maria, con due socie della Associazione, Carla Ria e Franca Stampacchia, si sono subito adoperate nella ricerca. La Spianata è stata percorsa nell'arco di due giorni, ma, anche in questo caso, non sembrano esservi strutture chiaramente artificiali. Anche se lontane dalla battigia ci sono due "buche" naturali, che potrebbero essere state utilizzate per la raccolta del sale.

Ci sono le carte, e le saline sono identificate e fotografate: ora si devono esaminare i documenti scritti per capirne le date e il funzionamento.
Nel testo della Monti, alcune citazioni spiegano che la produttività del sale, specificità di Pianosa, viene inclusa nelle clausole di affitto dell'isola. Si parla di "saline naturali", di "saline da costruirsi" e viene inserita anche una nota sulla loro funzionalità: ".... l'affitto delle saline naturali esistenti nel littorale della detta isola, dalle quali nella stagione estiva i campesi specialmente estraggono clandestinamente ed esportano nella stessa guisa nelle loro case una considerabile quantità di sale bianchissimo, che per altro non condisce egualmente che quello di Frasassi, attesa la mancanza della necessaria introduzione nel recipiente dell'acqua dolce terrestre, e della di lei commistione con la salsa".

E tutto questo ora mi fa ricordare quando, da ragazzo, insieme a parenti e amici, cercavamo di cucinare polpi o pasta con l'acqua di mare: erano pietanze molto amare! Eppure, anche in tempo di guerra questo sale era utilizzato. I pescatori elbani, soprattutto campesi, quando in estate passavano da Pianosa, raccoglievano il sale in grandi sacchi. Anche mio nonno, così mi raccontava mio padre Enzo, andava a raccogliere il sale dietro Punta Secca.

Anche per questo, posso affermare che il sale veniva raccolto lungo tutta la costa dell'isola. Qualcuno però ha lavorato la roccia per avere questa specifica funzione. Ma chi? E quando? Delle nostre saline, la n. 4, quella vicina ai Bagni di Agrippa e la n. 2, dietro Punta Secca, sono praticamente al livello del mare. Forse troppo vicine, perché facilmente vi si formi il sale, tanto che vanno sott'acqua con la semplice alta marea, o con onde anche non eccessivamente alte. Il livello del mare, tuttavia, duemila anni fa, era inferiore di circa 90 cm. e le saline 2 e 4 sarebbero state fuori dall'acqua, circa alla stessa altezza della n. 1. Se così fosse (fermo restando che questa, se pur suggestiva, rimane una mia supposizione), anche in considerazione della grande importanza che gli antichi davano al sale, ritengo che le strutture 2 e 4 furono costruite da quegli stessi pianosini, che accompagnarono la breve residenza di Agrippa Postumo (7 - 14 D.C), mentre la n. 1 potrebbe essere stata scavata nel secolo XVIII da chi allora prese in affitto Pianosa, forse i marcianesi Teseo Sardi e il cugino Giovanni di Simone Sardi.

La storia del sale di Pianosa non finisce qui. Anche in un editto del 2 novembre 1859 dell'allora Presidente del Consiglio del Governo della Toscana Bettino Ricasoli, si fa menzione di Pianosa, confermando per i suoi abitanti il prezzo basso del sale. Forse che i vecchi Pianosini godessero di un prezzo di vantaggio, per evitare che se lo prendessero da soli, senza acquistarlo?

Tutto questo è possibile, visto che circa 50 anni dopo nel 1905, tra la Direzione del carcere di Pianosa e il Ministero delle Finanze intercorsero alcune comunicazioni, con le quali il predetto Ministero, al fine di ridurre le proprie spese, chiedeva alla Casa Penale di Pianosa di provvedere essa stessa alla distruzione del sale, che spontaneamente si formava sulle sue coste. A onore di cronaca fu allora raggiunto l'accordo: l'Amministrazione Penitenziaria provvedeva alla distruzione del sale e l'Amministrazione delle Finanze pagava i detenuti e le guardie che vi si dovevano impiegare con £ 1,00 (una) al giorno per ogni detenuto, e una diaria giornaliera di £ 1,50 per la guardia.

Le foto e tutta la documentazione sono state consegnate alla Soprintendenza Archeologica per la Toscana, alla quale spetterà dare risposte. Io e l'Associazione per la Difesa dell'Isola di Pianosa siamo già contenti così. Un altro tassello della storia di Pianosa sta trovando il suo posto.

Fausto Foresi

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